venerdì 24 giugno 2011

UN CANTORE DI MILLE ANNI

SCRIVE OGGI MONI OVADIA SULLA PAG.3 DEL  QUOTIDIANO L'UNITA'
L'Italia, devastata da uno tsunami di volgarità è governata da ominicchi dediti ad un'agonizzante autoperpetuazione di se stessi che hanno sommerso con la loro opera distruttrice la parte migliore di questo povero paese. Hanno tentato di cancellare l'identità intima delle sue genti e la cultura profonda che hanno saputo esprimere collettivamente e come individui. Per questa ragione le istituzioni, i grandi media e la stragrande maggioranza dei cittadini italiani non si saranno neppure accorti della scomparsa di una delle più straordinarie personalità della cultura narrativa orale italiana di tutti i tempi che si chiamava Enzo del Re. Io annovero l'opportunità di averlo conosciuto e di avere ascoltato il suo raccontare cantando con l'accompagnamento percussivo di una sedia, uno dei grandi privilegi della mia vita. Enzo del Re è stato un testimone millenario, simultaneamente modernissimo ed antichissimo come solo può essere un uomo-artista che incarna la più antica e struggente dotazione espressiva del genere umano: l'arte di narrare e di narrarsi. Di questa arte Enzo del Re toccava i confini dell'assoluto. Lui, la sua sedia e il suo narrare attraversavano secoli, millenni.
Questo cantore afro-pugliese, come amava definirsi, si spostava con la sua fedele sedia solo in treno. Rifiutava caparbiamente l'automobile, forse perché la ferrovia è mezzo sociale, mentre la macchina è dannatamente individualista e quindi orientata al consumo del viaggio. Il cammino di Enzo su questa terra è finito, ma la sua eredità è viva in chi lo ha ascoltato anche una sola volta. Noi racconteremo che c'era una volta un cantore di mille anni.
24 giugno 2011
Moni Ovadia
  

Nessun commento:

Posta un commento