venerdì 24 giugno 2011

UN CANTORE DI MILLE ANNI

SCRIVE OGGI MONI OVADIA SULLA PAG.3 DEL  QUOTIDIANO L'UNITA'
L'Italia, devastata da uno tsunami di volgarità è governata da ominicchi dediti ad un'agonizzante autoperpetuazione di se stessi che hanno sommerso con la loro opera distruttrice la parte migliore di questo povero paese. Hanno tentato di cancellare l'identità intima delle sue genti e la cultura profonda che hanno saputo esprimere collettivamente e come individui. Per questa ragione le istituzioni, i grandi media e la stragrande maggioranza dei cittadini italiani non si saranno neppure accorti della scomparsa di una delle più straordinarie personalità della cultura narrativa orale italiana di tutti i tempi che si chiamava Enzo del Re. Io annovero l'opportunità di averlo conosciuto e di avere ascoltato il suo raccontare cantando con l'accompagnamento percussivo di una sedia, uno dei grandi privilegi della mia vita. Enzo del Re è stato un testimone millenario, simultaneamente modernissimo ed antichissimo come solo può essere un uomo-artista che incarna la più antica e struggente dotazione espressiva del genere umano: l'arte di narrare e di narrarsi. Di questa arte Enzo del Re toccava i confini dell'assoluto. Lui, la sua sedia e il suo narrare attraversavano secoli, millenni.
Questo cantore afro-pugliese, come amava definirsi, si spostava con la sua fedele sedia solo in treno. Rifiutava caparbiamente l'automobile, forse perché la ferrovia è mezzo sociale, mentre la macchina è dannatamente individualista e quindi orientata al consumo del viaggio. Il cammino di Enzo su questa terra è finito, ma la sua eredità è viva in chi lo ha ascoltato anche una sola volta. Noi racconteremo che c'era una volta un cantore di mille anni.
24 giugno 2011
Moni Ovadia
  

domenica 12 giugno 2011


IL RICORDO

"Enzo Del Re, la sedia e la valigia" Capossela saluta l'ultimo cantastorie

"Per tutta la vita è stato anarchico e ha vissuto, senza compromessi, i suoi principi etici e politici fino alle estreme conseguenze, fino ad andarsene in completa solitudine, nella stanza di casa sua, nel paese in cui è nato, cresciuto e morto"di VINICIO CAPOSSELA

"I COMPAGNI di Mola salutano l'ultimo cantastorie corpofonista" era scritto su un cartello listato a lutto sulla porta del palazzo di pietra. Un altro recitava "ti saluto, ti saluto, ti saluto a pugno chiuso". Pioveva. Il paese sul mare, che in giugno si immagina bianco, blu e azzurro, è completamento grigio. Il cielo precipita addosso e scroscia pioggia a intermittenza. Appena entrati nella camera ardente del palazzo Roberti, detto delle 100 camere, cala il diluvio. Non si può più uscire dalla porta. Le cateratte del cielo che si aprono, dicono i compagni, è Enzo che si ribella, all'essere condotto in chiesa. Enzo Del Re per tutta la vita è stato anarchico e ha vissuto, senza compromessi, i suoi principi etici e politici fino alle estreme conseguenze, fino ad andarsene in completa solitudine, nella stanza di casa sua, nel paese in cui è nato, cresciuto e morto.

Il paese della lingua che ha cantato. Il maulese. Il molese di Mola, "Maule", come si intitola il suo disco bianco. Un disco di ballate di lavoro e una canzone d'amore per il paese, che termina con la solita beffa finale... non c'è città più arretrata di te... la stessa che fa dire al navigante dopo tutte le fatiche che ha fatto e dopo tanto avere sospirato il ritorno, "speriamo  che la moglie non mi abbia messo le corna".

Era in dialisi da tempo. Dicono che si era provato ad attivare le procedure per beneficiare della legge Bacchelli, ma i neri di Tatarella non gliela avrebbero mai data. Rifiutò il trapianto di reni, perché era convinto che con i suoi metodi i reni si sarebbero rigenerati. Aveva sviluppato sue teorie che lo portavano a curarsi mangiando soltanto polpo. L'Octòpus, come lo chiamava. Aveva fatto studi classici. Non lasciava stare le parole. Le indagava. Partiva dal dialetto, le portava all'italiano, si appassionava all'etimologia. Ai suoi concerti che dava accompagnandosi con una sedia o una valigia di cartone, era temuto. "Io resto - diceva -fino a che l'ultimo ascoltatore non se ne è andato". E manteneva la parola, forte di un repertorio che si prendeva il tempo che voleva. C'era poi un motivo più ideologico a spingerlo. Suonare otto ore e pretendere la retribuzione di un operaio metalmeccanico. Ora è qui, nella camera ardente. Da un registratore escono le note della sua voce che si lamenta in questa lingua arcaica, sospesa sul mare d'Oriente. Lottando contro la volontà dei familiari è stato vestito come suo solito e non con l'abito scuro.

Tutti i suoi convincimenti lo avevano portato ad applicare la lotta di classe anche nell'uso degli oggetti più comuni. Non arrivò in tempo a diversi concerti perché si rifiutava di salire a bordo di automobili, strumento che, affermava, rende schiavi del padrone. Autostrada, petrolio, economia, Fiat, Stato, quindi niente automobile. Era "pedone per scelta esistenziale". Fu fermato diverse volte nel recarsi ai concerti, non per i contenuti rivoltosi delle sue composizioni, ma per la pratica convinta dell'autoriduzione del biglietto. Viveva solo. C'è chi lo sorprese in gioventù con pile di riviste osè nella stanza. "Non capisci compagno, il mio seme non lo dò al padrone".

Il feretro fu messo nella macchina del servizio funebre e uno sparuto gruppo lo seguì nella pioggia livida. In chiesa lo seguì la famiglia soltanto. I compagni, gli amici, restarono fuori. Qualcuno venne con la bandiera anarchica. Un piccolo gruppo riportava battute. Erano quelli del "carrettaun", il carro della cuccagna, gli "amici miei" del paese. Ognuno aveva un aneddoto che smentiva quello degli altri. Uno mi prese da parte e mi mostrò il suo locale: "Il ministero della brace" si chiamava. ("Eh, Enzo era davvero amico mio, e non degli altri. Questa è una vera braceria, e non le altre..."). Ti dico io una cosa, l'anno scorso incontro Enzo che mi dice... andiamo a festeggiare il mio compleanno. E quanti ne siete?, ho chiesto - "je sckètte ", io solo! - mi ha risposto. La birra analcolica se l'era portata da casa per paura di non trovarne, e così cenammo insieme. Mangiò il polpo alla Krefiù, alla maniera di Corfù. Voleva pagare, ma, gli dissi, e che? Nemmeno la cena del compleanno ti posso offrire?"

Nella piazzetta intanto aveva smesso di piovere  Il cielo restava cupo. La bandiera degli anarchici la teneva un compagno con la faccia segnata dalle rughe del sole. "L'assassino" lo chiamavano, perché la parola che più spesso aveva in bocca era "t'ammazzo". Si lamentava con un altro. "Se era per te, nemmeno l'avevo saputo". "E dovevi guardare la posta elettronica..." , "sì , sì, fatevi tutti controllare dalla C. I. A..." E restò in silenzio, sprezzante, sorretto dalla bandiera.

Gli "amici miei" raccontavano ancora. "Ero con lui quando, sdraiato nel letto, che non stava bene, sentì il suono della campana e scrisse Maule.. nu tocc de campane..", e un altro aggiungeva, "la canzone più straordinaria è Scittrà, quella della gatta nera". Altri parlavano di episodi più recenti. La volta che la piazza piena non lo vide salire sul palco perché gli organizzatori non gli avevano fatto i pomodorini di ceramica che aveva chiesto per donarli poi alla gente. E così non regalò né pomodori né canzoni.

"Era cocciuto e inconvincibile, Cè . Noi lo chiamavamo Cè, abbreviativo di Cenzino, non del "Che". Lui lo sorpassava a sinistra il "Che". Era per Ho Chi Minh... 24 ore ... Ridere si fa per ridere, tutta la strada fino all'altro mondo in allegria, con buon umore. Comico, mi piace il comico...

Nella piazza della Repubblica di Parma al concerto del 25 aprile 2009 ci ipnotizzò tutti con quelle lunghe tirate ritornellate con "evviva Bakunin" che nel tempo aveva sostituito "giap giap Ho Chi Minh". Era salito sul palco e così per la prima volta vidi questo signore tutto agghindato e vestito con ricercatezza, con un gran papillon e il basco di maglia. Durante il pomeriggio era stato seduto a vendere le sue audiocassette, ma nessuno l'aveva capito. La piazza lo conosceva poco, ci mise un po' per adeguarsi a quella musica emessa da una bocca che cantava e schioccava la lingua come una percussione, e si accompagnava battendo una sedia. Ci volle un po', e la prese lunga, ma poi la sua  lunghezza d'onda, un'altra frequenza, non FM, piuttosto onde medie, lentamente arrivò tra la gente che iniziò a ondeggiare a tempo. Dopo 15' non si sentiva più la mancanza di nulla, né del basso, né della batteria, delle chitarre. Era autosufficiente. Ecco il Corpofonista. I suoni emessi dal suo corpo e dallo strumento di lavoro facevano tutto. Era una litania su base ritmica. Una specie di rap salmodiato. Il ritmo bastava e andò avanti a lungo. "Io e la mia sedia" , una lunga gimcana per introdursi, e poi "Comico" e poi "Lavorare con lentezza", pausa pausa ritmo lento.. la salute non ha prezzo...   

Se ne stava lì come una tartaruga, corazzato e sfrontato, a fare adeguare le migliaia a lui solo. La sua musica era di propaganda, adatta a parlare alle grandi masse. La sua ostinazione, la cocciutaggine dura come un guscio, la corazza della sua coerenza, incantavano e incatenavano la piazza. Si sarebbe detto che fosse come Oum Kalthoum, come i muezzin, destinato alle platee oceaniche dei grandi raduni ideologici. Chiuso ad angolo sulla sua sedia, lo sguardo lontano oltre al pubblico, guardava al sol dell'avvenire.

"Si è spaccato - affermò con rabbia un compagno - dedicandosi tutto, pensando, come molti di noi, credendo, che davvero la vita potesse cambiare per tutti, fino a diventare rabbioso, fino a consumarsi, nel rancore. In un paese che lo compativa, che lo trattava da "bizzarro originale". "Carvaun", carbone, come era il soprannome di famiglia. "Carvaun? Ma non è muort ancora..?" "Se ne accorgono adesso! Questo paese è la perla nera. Paese di fascisti, rifugio dei latitanti di destra negli anni '70. Quando fu ucciso il compagno Benedetto Petrone, Enzo ne fece una ballata. Dal vivo poteva durare anche 30 minuti. Enzo era così, quanto ci metteva ci metteva. La sua storia di Maule in audiocassette dura 5 ore. Non si faceva intimidire dal tempo.

La famiglia pure era espressione di questo paese. Enzo tra loro era la pecora rossa. L'avrebbero voluto vestito in borghese almeno da morto. A quel punto la bara fu portata fuori dalla chiesa. Mentre si avvicinava al baule aperto dell'auto, partì l'applauso. L'applauso cresceva amplificato dalla pietra della piccola piazza. L'applauso... l'ultimo applauso, quello del congedo, dell'uscita di scena... Non terminava l'applauso... era un applauso commosso, di rivincita, di rabbia quasi, e di affetto. Molti non poterono applaudire perché stringevano verso il cielo il pugno chiuso, quello del lato del cuore. Ti saluto a pugno chiuso, il verso si era fatto saluto. Gli occhi lucidi e anche fieri, i compagni salutavano.

Quasi a conseguenza di tanta ostinazione ideologica una pietra cadde sul cofano dell'auto funebre, e poi altre. Guardai sul tetto di fronte pensando istintivamente a qualche fanatico dell'opposta fazione che avesse tirato a sfregio e invece era il cielo a rovesciarle, a lapidare gli astanti. La grandine venne con sassi di ghiaccio grandi quanto pugni chiusi, e venne violenta, con ira. Ci si dovette rifugiare sotto i balconi, sotto le arcate. La grandine rimbalzava. A gragnole crepitava sulla pietra bagnata. Il cielo era gravido di rabbia. Forse era Dio che voleva partecipare al funerale di un ateo, o forse era il Superuomo liberato dal corpo di Enzo del Re che esprimeva la sua rabbia nel doversi accommiatare dalla vita e per essere  stato portato in chiesa, e infine per essere caricato su una macchina, anzi che a spalla, per l'ultimo viaggio... Sia come sia, fu una visione biblica questa grandine furente e pietrosa che si rovesciava sul carro funebre e sul paese di Mola, come per punirli di non avere riconosciuto il loro profeta. Per concedere un segno tangibile della sua dipartita. I compagni coriacei accompagnarono comunque la salma.

Un ragazzo in testa al drappello reggeva la sedia da un piede, alzandola al cielo come una bandiera. La grandine la faceva suonare con colpi di nocche, sonori e pieni di rabbia. Al camposanto pioveva. Ci si raccolse sotto un'arcata. La bara era scoperta. Enzo del Re se ne stava immobile, con la sua barba da casa delle fate, il baschetto rosso, l'ombrello disteso con lui, e un gran girasole sul corpetto. Diversi pronunciarono un discorso di saluto. Uno, che nell'emozione si rivolse agli astanti chiamandoli amici, subito fu apostrofato "Compagni! Quali amici? Compagni!" Furono discorsi rivolti direttamente alla salma "Enzo ricordi quella battaglia?"" "Ora bisogna che qualcuno porti avanti la tua bandiera. La bandiera della coerenza." Altri gli rivolgevano ricordi affettuosi, altri ancora, ricordi di lotta. Poi a bandiere ammainate tutti cantarono "Addio Lugano bella, gli anarchici van via..."

Era un canto eroico e mesto, quanto diverso dalla solennità dei canti sacri, della preghiera. Era l'uomo solo, senza le scorciatoie della fede. I credenti se la rendono più comoda. Ma ammettere che sei polvere soltanto, è più duro. Siamo soli sulla faccia della Terra. Nella bara sarebbero rimaste le ossa e l'ombrello e le idee  che continuano a vivere in noi, che restiamo sapendo di andarcene, e viviamo anche per chi se ne è già andato.
"scitt' , scittrà... "Riecco la gatta nera, fuori dal cimitero, cacciata da tutti, senza che ne abbia colpa, e più di tutti cacciata dalla famiglia rispettabile, appena uscita dalla chiesa. Enzo Del Re è stato un altro cantore che (come Woodie Gutrie), ha alzato la voce contro l'ignoranza, contro la cattiveria, lo sfruttamento. Che quando ha cantato l'amore l'ha fatto con le parole di un muratore, di un contadino, di un imbarcato in mare. Maria Luise.. t voglio vasè... Che ha usato la lingua più arcaica e misteriosa del suo paese Maule, con un rigore e un criterio che non ha lasciato nulla al vezzo o al caso. L'uso di una valigia, di una sedia, del corpo è stato tutto parte di un'idea. Ha cantato con una coscienza politica diversa per esempio da quella più primitiva, del suo grande conterraneo della generazione precedente Matteo Salvatore. Ne ha cantato in maniera popolare, con gli strumenti dell'intellettuale, orgogliosamente di parte, ma i risultati sono gli stessi. La denuncia dell'ignoranza, della sopraffazione, il dominio del capitale sulla vita, la violenza con la quale il capitale si afferma, i delitti le stragi. E' un messaggio che non passa d'attualità, anche se non sono più di moda quelle bandiere e quel linguaggio, ma la sostanza resta.

Il canto finì... il gruppo si sciolse... gli occhi lucidi... le bandiere furono riavvolte al bastone. Ci si disperse... Ognuno tornava verso casa e la salma restò in attesa del loculo. Anche lui andava al suo posto. Si sarebbe saputo dove trovarlo d'ora in poi. La sua casa era la terra. Gli uomini sono tutti eroi per sopportare di venire al mondo sapendo di morire, di dovere andarcene così. Sopportare questo, vivere essendone consapevoli, fa di tutti noi degli eroi. Sulla via del ritorno in paese il tempo si aprì. Un grande arcobaleno sorse sul viola, un piede nel mare scuro e un altro nel nero del cielo. Per esorcizzare la morte i vivi andarono a mangiare. Ci recammo alla Lampara, una sala con grandi lampade di ferro e vetro, da caccia ai polpi, che ci attiravano e immobilizzavano ai tavoli sottostanti. Qui Del Re veniva spesso a mangiare il suo polpo alla brace. La gestiscono due fratelli, il signor Bruno, il più alto, si era chinato in mattinata sulla bara, dicendo "Cè.. e mo chi te lo fa più il polpo a te?". Il cameriere ci raccontava gli usi, i costumi, la grande lentezza nel consumare i pasti. Masticare 35 volte ogni boccone, come insegnano a scuola. La seconda valigia, quella col vestito buono, perché c'è sempre un occasione. Il papillon così grande perché "mi si deve riconoscere".

La sera andammo dai giovani del circolo Arci. Avevano organizzato da poco l'ultimo concerto, per il primo maggio. Il palco era fatto di cassette di legno, e siccome era piovuto l'impianto non era un granché, ma Del Re cantò lo stesso al suo solito modo, come di fronte alla sterminata platea del raduno del primo maggio dell'anno precedente a Roma, quando gli si era offerto un palco degno, e alla festa dei lavoratori era stato offerto un artista degno di quella festa. Schioccò la lingua e percosse la sedia. Non però fino a quando se ne fosse andato l'ultimo ascoltatore. Stavolta se ne andò prima lui.

Ascoltammo il disco bianco Maule, da un gran televisore invece che da un giradischi. I ragazzi presero a spiegare le canzoni, a tradurle perpetuandole. Uno osservò: "Enzo ha risarcito la categoria più sventurata del mondo del lavoro: il marittimo. In questo disco ci sono tre canzoni sul lavoro. I muratori, i contadini, i naviganti. Ecco, quella del navigante è quella che mi commuove di più. Nessuno ne parla mai, e sono gente di noi." La musica attaccò. Prese a tradurre a orecchio:

"Io tengo la bocca amara e il cuore nero, son navigante e vado su un vapore. Io tengo il cuore nero e la bocca amara, perché vado disperso su una schiuma di mare. Ah, quando mi allontano dalla banchina, ti piango a grandi lacrime Rosina. Da levante a ponente, notte e giorni vi chiamo faccio la schiuma alla bocca , ma nessuno mi sente..."
Con lo stesso strazio e lamento cantava della strage di Avola, poveri contro poveri, poveri carabinieri contro poveri contadini. Lui non si risparmiava e non risparmiò niente a nessuno. "Ci vuole un organizzazione nuova" , scritta sulla melodia di "Amara terra mia" di Modugno. La canzone della gatta la scrisse per risposta a Modugno che aveva scritto Muscio Niuro (micio nero). Nascoste nei suoi versi ci sono tesori della  nostra parlata e la canzone finisce con il detto che più esprime l'ingiustizia nella maniera popolare. "Uacidd pish u litt' e u cul iev mazz'te", "l'uccello piscia il letto e il culo prende le mazzate". Scittrà, è il verso che si fa per scacciare il gatto.. e questa è la canzone, una canzone che dice che non c'è sordo più sordo di chi non vuole sentire, e dice anche  "quanta è scema la gente al mondo, e più è ignorante e più diventa cattiva..."

Un giorno una certa famiglia uscendo di chiesa, con l'anima in pace tornava dopo la messa e si era fatta anche la comunione.. ma vedendo una gatta nera si scordarono di tutti i santi e si toccavano davanti, e mentre si toccavano e gridavano scittrà.. chi le dava un calcio, chi un colpo di pietra, la gatta miagolava disperata, ma che colpa tengo io se mi hanno fatto il pelo nero, pigliatevela con la natura che mi ha fatto il pelo scuro.. e sanguinante sente quei versi come colpi di martello nella testa... scitt scitt scittraà...

E poi "Le pietre", da un  episodio di rivolta contadina , che intercalata con un fischio, sembra un western , la resa dei conti all'alba. Le pietre che abbiamo dovuto alzare per costruire i loro muretti a secco , diceva la canzone, domattina alle tre le useremo per fare la rivoluzione. Il ciuccio non si deve legare più, dove vuole il padrone. Al muro era appesa una sedia, una di quelle da cucina, da scuola. Il ragazzo la staccò e la mostrò. "Ecco questa è l'ultima che ha suonato, al primo maggio alla festa dei lavoratori dell'Arci di mola. Ma veramente l'ultima volta che l'ha suonata è stato forse oggi, con quei colpi di grandine che gli sono sbattuti addosso all'uscita della chiesa".                                                                                                                                                  

Al concerto disse: "Sulla sedia  si vive e si muore" e si  riferiva a Sacco e Vanzetti, al fatto che una sedia potesse essere uno strumento d'ingiustizia e di morte, la sedia elettrica, oppure di vita, una sedia da suonare. E viene da pensare che l'ultimo momento l'ha passato su una sedia. L'hanno trovato 24 ore dopo col capo appoggiato al tavolo e il sedere alla sedia, con un espressione come sovrapensiero. Si arrabbiava spesso, ma con l'età era come se non si arrabbiasse più severamente.

E con questo ho finito. Me ne posso andare. Lo sono venuto a scrivere qui al ristorante "la lampara", dove era solito mangiarsi il polpo. L'uomo alto che glielo preparava nel chiudere mi ha salutato, e senza che gli chiedessi niente ha aggiunto con un mezzo sorriso: "Non ha mai lavorato un giorno della sua vita. Neanche il padre ha aiutato. Era un personaggio. Con quella bicicletta ... quell'ombrello... Meglio così ... però, bisogna dirlo, non ha mai dato fastidio a nessuno". Ha abbassato la serranda per l'ora della controra.
Vinicio Capossela
)

sabato 11 giugno 2011

MEMORIE DEL RE

Enzo Delre il suo vero cognome all'anagrafe, per un errore che lui voleva a tutti i costi correggere, è stato un cantautore del quotidiano e soprattutto uno sperimentatore e un uomo legato all'esercizio del pensiero.
Un uomo che ragionava con la propria testa, che metteva tutto in discussione, un ricercatore che si appassionava alle grandi tematiche del sociale (figlio anche di precetti antichi) e che poi le vivisezionava con lo sguardo attento attraverso la lente di ingrandimento.
Custodisco mille suoi anedotti a volte autistici, altre spiazzanti.
Ricordo il nostro primo incontro, vent'anni fa.
Lo rintracciai con fatica e rinvenuto il suo indirizzo, un tardo pomeriggio d'inverno, bussai alla sua porta.
Mi rispose una voce burbera e impetuosa come il vento di maestrale, attraverso la tromba delle scale.
Una voce apparentemente inospitale e al tempo stesso timorosa.
Gli dissi che ero un suo estimatore e che volevo acquistare tutti i suoi dischi e le cassette.
Per la cifra che mi chiese (in lire) dovetti ricorrere al bancomat.
Poi mi diede accesso al suo mondo e mi rivelò la sua immensa dolcezza da uomo solo ma non solitario.
Tornai a casa con un suo manoscritto, che custodisco gelosamente, in cui mi "autorizzava" a poter incidere le sue canzoni.
Nelle case di Enzo ci sono passato diverse volte da solo o con vari compagni di viaggio (Teresa De Sio, Guido Chiesa, Stefano Di Lauro)
e tutte le volte, anche quelle in cui mi ha fatto inquietare per la sua testardaggine, sono ritornato a casa con qualche consapevolezza in più.
Enzo suonava con il corpo, con il cuore e con il cervello.
Enzo era musica e parola.
Enzo era uno sguardo sul mondo, visto dalla punta dei piedi.
Era la sopensione di un tempo che si rovescia all'infinito.
E come mi disse: "ho scritto scitt'rà in risposta alla canzone di Domenico Modugno "musciu niuru",
in cui l'autore consiglia al gatto nero di farsi dipingere di bianco per poter vivere in pace.
Io invece credo che sia la gente a dover cambiare il modo di ragionare e lasciare in pace le cose del mondo".
Enzo, ti adoro e ti ringrazio, perchè senza mangiare mi sento sazio.
Con affetto,


Giuseppe De Trizio

sulla sua pagina facebook

sabato 11 giugno 2011

venerdì 10 giugno 2011

I SALUTI DI PUGLIA SOUNDS


In Evidenza

Salutando un grande artista

Ieri ci ha lasciato un grande artista pugliese, non abbiamo ignorato, non abbiamo dimenticato. 
È sempre difficile esprimere il forte sentimento che la scomparsa di un personaggio così importante per la crescita culturale della nostra terra comporta.

Enzo del Re è scomparso all’età di 67 anni proprio ieri, 8 giugno 2011. 

Merita di essere definito un’eccellenza della nostra terra, per la sua musica, per la sua poesia, per la sua costante denuncia, ma anche per l’approccio alla musica che ha diffuso nella nostra Puglia, era un autodidatta, un indipendente, nella più completa accezione del termine. 
Non è facile esprimere tutto quello che è stato, e tutto quello che ci ha lasciato, quindi invece di inutili nostre parole vogliamo raccontarlo con la sua voce e la sua musica: la sua poesia.



Enzo Del Re - Il Superuomo

 
e il mio commento alla scelta condivisa del brano: 
il superuomo con Enzo che si liscia la barba e guarda un fantasma di se da qualche parte è il momento che preferisco del mio documentario, ed è un brano che adoro, anche perché dice di una cosa che pochi sanno, che Enzo amava cantare le canzoni di Luigi Tenco da giovane e in questo brano c'è molto di Tenco

Giacomo Checcucci lo avevo sentito anch'io l'eco di Tenco, confermato da una testimonianza nel documentario
12 giugno alle ore 13.13


giovedì 9 giugno 2011

SUBITO UNA FONDAZIONE PER ENZO DEL RE

Parte da Angelo Amoroso d’Aragona, autore del documentario con Enzo Del Re “Io e la mia sedia”, l’idea di far nascere una Fondazione per preservare la memoria storica del cantastorie anarchico di Mola di Bari, morto lunedì scorso. L’appello è rivolto in primo luogo ai familiari eredi ma anche ai “compagni” di strada. E non solo, perché è necessario coprire un grande vuoto ed occorre che tutti collaborino mettendosi in rete. L’appello perché chiunque abbia un documento, una fotografia, una registrazione audio, anche di bassa qualità, ne renda notizia e ne faccia patrimonio la Fondazione. “È stato incredibile scoprire quanto poco si sia conservato” dice Amoroso d’Aragona. “Lo so perché ho cercato, per oltre un anno, nei più grossi archivi d’Italia, come l’AAMOD o la Discoteca di Stato. Su Enzo non c’è nulla e dello spettacolo con Dario Fo solo quello spezzone che compare nel mio documentario. Ora occorre uno sforzo collettivo e autoprodotto. Si può da subito impegnare l’associazione dei RECIDIVI perché si inizi la catalogazione e il restauro dei repertori… recidivi, per l’appunto” scherza l’autore. Ieri, durante il funerale, questa voce ha raccolto i consensi di chi, come Annella Andriani (Nennella per Del Re) o Romolo Epifania, in questi anni ha già iniziato a pensare di ordinare e ricostruire la memoria dell’artista. “Devo molto alla loro collaborazione per il documentario” continua il regista “e ora m’impegnerò ancora di più ad una nuova edizione, forse anche più lunga, che contenga le interviste realizzate dopo la sua prima realizzazione per la Teca del Mediterraneo”. Amoroso d’Aragona ha infatti, dopo il documentario, continuato ad accompagnare ancora Del Re, per esempio a Sanremo per il Premio Tenco o da Piero Nissim in Toscana. Ha inoltre continuato a raccogliere repertori preziosi e intervistare testimoni importanti come Dario Fo, Pino Masi, Sergio Martin che fondò i Circoli Ottobre scoprendo gli Area o Pino Daniele. Una ricerca che ora continuerà nella stessa Mola di Bari e che è già iniziata ieri durante i funerali. 


Ne è un esempio la foto emersa dalle tasche di un amico di Enzo Del Re. Ci mostra il “cantaprotestautore” (un altro dei tanti lessici coniati da Del Re) appena tornato dalla Firenze dei primi movimenti situazionisti in Italia, come descritti nello stesso documentario da Antonio Infantino. Un Enzo Del Re del tutto inedito e difficile da immaginare, un documento che analizzato con cura ci da delle informazioni preziose, per esempio che la foto è stata scattata il 10 dicembre del 1967 da cui le considerazioni sull’incontro con Infantino a Firenze. Un lavoro che oltre ad avere uno sviluppo storico e documentale potrà dare un esito immediato alla stessa Fondazione e finanziarla. Si cerca quindi un Editore che sappia capirne il valore e rispettarne le condizioni. Ma soprattutto si promuoverà la nuova edizione di “Io e la mia sedia” nello stile di Del Re, ossia nella indipendenza e autoproduzione. “Per questo – continua il regista - si è scelto la strada del crowdfunding ossia del finanziamento di massa, dove ognuno potrà farsi produttore del documentario lasciando una somma anche piccola che magari gli darà diritto non solo a ricevere il DVD, una volta realizzato, ma anche ad essere citato nei titoli di coda come produttore dello stesso”. Auguri quindi all’impresa nel pieno stile di Del Re che vendeva le sue cassette al mercato, con la bancarella e si produceva da solo gli LP per venderli a mille lire.
il giorno giovedì 9 giugno 2011 alle ore 18.25

Annalisa Colucci l'associazione FRAMMENTI è a disposizione per il recupero del materiale fotografico, ma anche filmico e in generale come supporto all'iniziativa!
10 giugno alle ore 11.20
Recidivi Puglia-Basilicata benissimo; siete OGGETTI SMARRITI? Vi abbiamo taggato per questo...Servono archivisti, tecnologie per il restauro del magnetico (audio e video), scanner professionali per foto e documenti e tanto altro.
10 giugno alle ore 11.43
Annalisa Colucci http://www.youtube.com/wat​ch?v=GoLbNsVi0-w&feature=r​elated una giornalista interviene e parla di Enzo come di un patrimonio culturale e artistico da difendere e diffondere. Enzo è uno degli "oggetti smarriti" che abbiamo ritrovato e vogliamo riscoprire e valorizzare.
10 giugno alle ore 13.59


L'ULTIMA SUONATA DI ENZO

Questa mattina ho guardato l'auto incredulo. Tutta butterata. Piccoli ma profondi incavi sul tetto e sul cofano, anche negli angoli più duri dei bordi. E sul cofano anche il segno di un taglio alla vernice. Effetto della grandine che ieri ha colpito il sud barese, tra Polignano e Mola di Bari. E' caduta all'improvviso ed è durata una mezz'ora. 


Il primo sasso l'ho ricevuto mentre mi preparavo a riprendere la bara uscire dalla Chiesa (attenzione... ci torneremo!) ed ho pensato fosse un calcinaccio del fronte romanico. Ho guardato in alto pensando al delicato patrimonio di quelle pietre scolpite ma subito dopo ero già al lavoro. La bara ha sceso le scale della Chiesa e tra gli applausi commossi della piazza Enzo è entrato nell'auto del servizio funebre. Pochi minuti, per noi lunghissimi, tra lacrime, pugni chiusi, bandiere rosso nere dell'anarchia e il gesto bellissimo di un ragazzo che sollevava una sedia come fosse un vessillo. Tu e la tua sedia, Enzo, vi siete incamminati. Il cofano si è chiuso e il corteo si è formato dietro. 


Pochissimi passi, nemmeno due metri, e gli ombrelli si sono aperti, il corteo ha resistito e un secondo dopo è caduta dal cielo la tua ira, Enzo. L'operatore RAI si è subito rifugiato in un negozio della strada, io avrò resistito due secondi in più. Ho sentito prima un tonfo sulla mia telecamera e poi un sasso di ghiaccio ha colpito la lente sull'occhio destro dei miei occhiali. Un'ira terribile. Poco dopo eravamo tutti consapevoli che era l'ultimo saluto di Enzo.  Ti ho riconosciuto ed ho gridato forte al cielo, da sotto una pensilina che ci salvava dal peggio: "Dai Enzo!". E la grandine rimbalzava furiosa sui tetti delle auto e sul selciato di chianche. Un rumore assordante e una ritmica che era tutta la tua: vecchio e giovane rapper, bluesman delle nostre terre. Ci hai suonato le ultime note e la piccola folla ti ha riconosciuto. In quei sassi di ghiaccio, che qualcuno divertito raccoglieva da terra, c'era la stessa espressione con cui talvolta mi accoglievi, ora per un ritardo ora per una regola non rispettata del tuo preciso protocollo di vita. Duravano poco quei momenti e dopo tornava il sereno e la voglia di fare e fare bene. Mi mancheranno e mancheranno a tutti i tuoi "compagni" ed anche agli amici e ai tuoi famigliari. Ma tu ce ne hai lasciato il ricordo, il segno sulla pelle: delle nostre auto! Ora in tanti ci si è chiesti cosa ha scatenato la tua ira. Per me valgono tutte e tre, quante io ne ho contate oggi. Per i parenti è stata la loro decisione di portarti in Chiesa (ecco perché, dicevo prima, sarei tornato sull'argomento). Di certo tu non l'avresti voluto e loro increduli si dicevamo "abbiamo sbagliato, avete visto? e poi dici che non esiste...". Paradossi della fede. Io capisco la loro necessità di darti un ultimo caloroso abbraccio con la benedizione in Chiesa. Come erano contenti di averti ospite la domenica o nelle feste laiche (le altre ti rifiutavi di celebrarle e quindi anche di festeggiarle con loro). E magari al contempo di sentire le tue imprecazioni. L'amore va oltre e tu sapevi farlo capire. Soprattutto con le tue canzoni. Per altri invece, quella grandine era stata la tua ultima suonata ma per altri ancora era la vendetta per averti fatto fare il tuo ultimo viaggio in auto. Tu "pedone per scelta esistenziale" (definizione curatissima, come tutte le tue, con cui mi hai chiosato la tua rabbia sull'argomento) volevi rimproverarci per questo affronto: DOVEVAMO PORTARTI SULLE SPALLE E A PIEDI. HAI RAGIONE ENZO! L'auto del servizio funebre ha temuto, proseguendo, di rompersi il tergicristallo e si era rifugiata anch'essa da qualche parte. La mia era parcheggiata sul lungomare e tu me l'hai segnata. Sei stato filmato e fotografato in quell'auto. 


2 maggio 2010 di ritorno da Roma per l'esibizione 
al Concerto del Primo Maggio
Ti abbiamo portato da Mola a Sanremo per il premio Tenco, e poi ancora da Mola a Roma per il Primo Maggio, lungo le colline toscane per trovare i vecchi amici Nissim. Non era un'auto Enzo, era un piccolo pulmino con cinque persone intente a raccogliere le tue memorie anche durante il viaggio. Tu accanto a me, che guidavo e ti intervistavo, a raccontare senza sosta ma ancora di più a spiegarci l'importanza di ogni parola, di ogni lessico. Ora quell'auto porta con se per sempre il battere del tuo cuore. Piccoli colpi scolpiti. Come sulla tua sedia! Grazie Enzo.
Angelo Amoroso d'Aragona



TORNATO DAL FUNERALE...

tornato ora da un funerale lungo e difficile... avrei voluto dire agli amici più intimi di Enzo che oggi toccava solo a loro la parola, io di Enzo mi ero appena innamorato e, come diceva lui, "non ne sapevo ancora nulla" perché per sapere bisogna conoscere e io l'ho conosciuto troppo poco... fatemi tornare quindi ad ascoltare, guardare e restituire! Non chiedo altro.

Angelo Amoroso d'Aragona
sulla sua pagina facebook
alle ore 00,26 del 9 giugno 2011
Fiori Gialli ‎..."e come potevamo noi parlare (cantare) / con il piede straniero sul cuore? "...

09 giugno alle ore 8.02
Sergio Martin Grazie Angelo è e sarà comunque grazie a te ed alle tue simpatiche collaboratrice se di Enzo ci rimane qualcosa in più
09 giugno alle ore 11.59

mercoledì 8 giugno 2011

UN GIORNO MIO PADRE...

Un giorno mio padre mi portò un disco. Era stato al Festival dell'Unità e aveva assistito a un concerto. Era un disco giallo, senza foto o disegni, fondo giallo ed una scritta rossa: Enzo Del Re Il Banditore. Mi disse "sentitelo per bene, perché questo c'ha cervello". Era il '74 e giallo e rosso voleva dire Maoista. Io, anarchico, lo misi sul Lesaphon da tre lire con una certa diffidenza. La musica era come la copertina, essenziale: la voce e qualcosa che pensavo fossero bonghetti. Una stranezza nell'era del pop e del folk. Ma i testi erano strepitosi: Il superuomo, Voglio fare il boia, Lavorare con lentezza. Prese posto a fianco ai dischi di Buttitta e Salvatore. 
Cominiciai a cercare informazioni su chi era il tipo strano, e mi arrivavano strane voci: è un compagno pugliese, suona da solo con una sedia e niente altro, usa solo i pullman per spostarsi, fa l'autoriduzione e quando arriva il controllore si mette a fare comizio per i passeggeri, contro il biglietto e per il trasporto pubblico gratuito, vuole suonare otto ore e a paga sindacale di operaio….
Non mi capitò di incrociarlo, all'epoca de' I Zezi, tra i festival delProletariato Giovanile e quelli dell'Unità.
Anni dopo decisi di fare un cd dedicato al lavoro, o meglio, alla fatica, e mi ricordai di quel pezzo "Lavorare con lentezza" e la sua continuazione geniale, "Tengo 'na voglia 'e fa niente".
E andai a cercarlo. 
Avevo conosciuto negli anni molti compagni di Bari. Uno di questi, Alessio 'o prufessore, si era aperto un agriturismo alla buona, ex ML era quello che ne poteva sapere qualche cosa. Mi disse: "Enzo Del Re? Oggi è giorno di mercato a Mola, andiamo che te lo porto a salutà."
Stava seduto dietro un banchetto, piccolo, minuto, con una barbetta bianca, e sul banchetto decine di cassette, quelle vecchie che non si usano più, e qualche libro piccolo quanto lui.
Mi disse: "l''ho sentito il pezzo come l'hai fatto tu, ma ti sei dimenticato la strofa che parla di Rino Gaetano."
"Dov'è che parla di Rino gaetano, Enzo?" - "Quando parlo del fatto che se cadi ti fai male e all'ospedale non c'è posto, e ci puoi morire presto. Rino così è morto, cadde dalla moto e l'ambulanza non arrivò in tempo".
E m'ero preso pure la cazziata….
Le cassette erano "La storia completa di Mola" o qualcosa del genere. Le volevo comprare, insomma dare una mano, che avevo capito che la situazione non era delle migliori. Gli chiesi "quanto costano?" E lui "50.000 lire". "Alla faccia! Enzo pe' 'na cassetta è un po' troppo." Contrattammo e mi presi le cassette e il libri. Alessio 'o prufessore mi fece capire che dissentiva. 
Insomma Enzo non è che aveva presente il valore dei soldi, in negativo e in positivo.
Ne ho avuta conferma qualche anno dopo, quando mi chiamò da Bologna un tizio di una produzione cinematografica. Facevano un film sul '77 e volevano mettere il brano di Enzo, anzi dare proprio il titolo al film, ma mi disse che Enzo gli aveva chiesto "nonsoquanta" milioni. Mi disse: tu lo conosci, parlaci tu.
Io lo feci rintracciare dagli amici di Mola e cercai di convincerlo. Non so come andò la trattativa, ma qualunque cosa gli abbiano dato sarà stato sempre troppo poco.
Qualche anno fa l'ho visto sul palco del Primo Maggio, al concertone della Triplice, e mi è venuta un po di tristezza a vederlo lì, lui che non voleva suonare meno di otto ore perché gli operai lavorano otto ore, proprio nel posto dove i sindacati si sono venduti il vendibile della vita dei salariati. Pensavo a Bonanni e a Angeletti e al testo di "Lavorare con lentezza", agli incidenti sul lavoro e a Marchionne, e ragionavo sul fatto che il padrone le nostre canzoni le digerisce sempre bene, e ce le ricaca sempre in testa.
Enzo rimane quello che saliva sugli autobus e faceva l'autoriduzione del biglietto, per principio, da solo, per avere l'occasione di parlare di ingiustizia sociale e sfruttamento. Un folle compagno, un grande militante e un surreale poeta proletario, che ha ricevuto dalla compagneria molto meno di quello che alla compagneria ha regalato.
Buon viaggio Enzo, una sedia la troverai pure dove stai adesso. E il biglietto di sicuro non l'avrai voluto pagare.
pubblicata da Daniele Sepe 
su facebook
il giorno mercoledì 8 giugno 2011 alle ore 20.11
uscito lo stesso  giorno su IL MANIFESTO

LA MORTE DI ENZO FA RUMORE...

IL SALUTO A PUGNO CHIUSO DEL COLLETTIVO FOTOGRAFICO RUMORE COLLETTIVO

BUONA NOTTE



buona notte Enzo, hai dei buoni amici che veglieranno su di te per tutta la notte

Angelo Amoroso d'Aragona
sulla sua pagina facebook
alle ore 3,41 del 8 giugno 2011

Angelo Amoroso d'Aragona ENZO DEL RE è morto ieri, alle prime ore del lunedì, mentre cenava in casa da solo. E' stato ritrovato oggi, martedì 7 giugno, dagli accompagnatori per la dialisi a cui non aveva aperto la porta. Allestita dal Comune di Mola di Bari una camera ardente sempre aperta giorno e notte al Palazzo Roberti. Domani alle 17 i funerali nella Chiesa Madre.


08 giugno alle ore 3.44
Umberto Cellamare conservo un bel ricordo di enzo del re ..mi disse vieni con me a roma a genazzano ..hai fatto nel pomeriggio 2 concerti posseggo 2 ore di filmato con l'incontro di antonio infantino ..libero pensiero ..ciao u navigante ..tuo amico umberto

08 giugno alle ore 7.39
Teresa Petruzzelli Meraviglioso necrologio, se fosse lecito invidiare la morte, ne vorrei uno uguale.

08 giugno alle ore 8.21
Silvano Andreas Ranieri Ora ci vorrebbe quel tuo bel documentario su Enzo!

08 giugno alle ore 10.46
Mirella Tempone ‎...Ciao Angelo,personalmente non ho avuto modo di conoscerlo,ma è sempre un dispiacere perdere un caro amico tuo,mi associo al tuo/vostro dolore...

08 giugno alle ore 12.32 

AD ALA USCENTE... ENZO DEL RE

Per Enzo molte parole erano state stravolte e quindi lui si dedicava con tenacia al lavoro di "stravolgimentologo" ossia quello di studiare questi stravolgimenti e riportare le parole al loro lemma originario. Una di queste era "adolescente" che per Enzo andava riformata e sostituita con "adalauscente" ossia colui che una volta cresciuto spicca il volo. Un poeta rivoluzionario! Oggi ha spiccato il volo...